All’Isello di Brendola è strage mancata. Quando il profitto del padrone vale più della nostra vita.

L’incendio alla Isello Vernici di Brendola, dello scorso 1 luglio, non è stato un incidente.

Negli ultimi decenni, sono numerose le fabbriche più o meno grandi che si sono insediate nel territorio, producendo per i settori chimico, conciario e metalmeccanico. Questi sono tra i comparti della produzione industriale più pericolosi dal punto di vista ambientale e sanitario. Lo sanno bene quanti di noi sono impiegati all’interno delle aziende chimiche, metalmeccaniche o nel distretto della concia arzignanese.

Non sono solo gli operai che ogni giorno si ritrovano a lavorare a diretto contatto con i solventi, le polveri e i fumi del reparto a subire sulla propria pelle gli effetti di queste produzioni tossiche. Veneto e Lombardia sono tra le zone maggiormente contaminate dalle nocività prodotte dagli scarichi industriali e dagli scarti della produzione interrati nei campi, sotto le strade o le grandi opere infrastrutturali come la Pedemontana Veneta o la Valdastico Sud.

Anche il settore agro-alimentare soffre del pesante inquinamento delle acque che va a colpire tutta la filiera del chilometro 0. Una piaga questa, che ha seriamente compromesso anche la fauna locale, cancellando le biodiversità di rogge, fiumi e torrenti.

Gli “incidenti sul lavoro”, le fughe di gas tossici, gli sversamenti di veleni, gli incendi in reparto o di interi stabilimenti non sono mai fatalità o tragici episodi isolati, ma rappresentano le conseguenze dirette di un modo di produzione scellerato.

In nome del profitto di pochi, si sfrutta il lavoro di masse di operai spesso reclutati tramite agenzie interinali o cooperative, con contratti a termine o a singhiozzo, impiegati come carne da macello nelle mansioni più pesanti e nocive.

Produci, consuma e infine crepa è in sequenza, la sorte che spetta a tutti noi che viviamo e lavoriamo in un territorio con acqua al PFAS, aria al Benzene, terra e alimenti contaminati dall’inquinamento di quest’industrializzazione selvaggia.

All’Isello, lo scorso 1 luglio, è stata sfiorata una tragedia che avrebbe potuto colpire operai, passanti e abitanti della zona. Gli ultimi focolai dell’incendio sono stati domati dopo giorni e giorni. La nube tossica prodotta dal rogo ha raggiunto Vicenza mentre le acque di fossi e torrenti sono state avvelenate dalle schiume di spegnimento delle fiamme e dai solventi della fabbrica.

È ora di finirla!!

Il futuro di questo territorio è seriamente compromesso, così come la salute di chi ci vive e di coloro che vi nasceranno. Occorre un’inversione di marcia, una presa di coscienza collettiva per smetterla di subire e far pagare ai diretti responsabili i danni inflitti al territorio e a coloro che qui ci vivono.

Contro le nocività dei padroni!

In difesa della nostra salute, della nostra terra, del nostro futuro!

Luglio 2019

No Tav Montecchio Maggiore