La guerra sul corpo delle donne parte 2°

La guerra sul corpo delle donne parte 2°

Gli aspetti (A)sociali dell’occupazione militare

Come si comportino e quale sia il grado di benessere psico-fisico per i militari dell’US Army di stanza a Vicenza è argomento di cui poco si conosce. Il segreto militare che regna oltre le mura delle caserme americane si estende inevitabilmente a tutto ciò che riguarda gli aspetti della loro vita sociale nel territorio vicentino.

Tuttavia, dei dati certi traspaiono nelle pagine di cronaca locale e conducono ad affermare che non sia tutto oro ciò che luccica. Al di là dell’imponente cancello che segna l’ingresso alla caserma Ederle, sede del comando terrestre Africom, accadono di frequente episodi che poco si addicono al rigore di chi svolge il militare in carriera.

Risse, alcol, droga e violenze sessuali: a questi fatti è associata la “cattiva” condotta delle truppe appartenenti alla 173° brigata aviotrasportata.

Tenere nascosti eventi di questo genere risulta alquanto complicato, soprattutto nel momento in cui le “bravate” vengono compiute all’esterno del perimetro militare.

Recentemente sono stati disposti dei provvedimenti restrittivi, denominati “misure straordinarie”, nei confronti dei militari che sgarrano.

Da novembre del 2018 è stata attivata una vera e propria “task-force”, ovvero una pattuglia congiunta che ogni due settimane controlla i soldati in libera uscita nel week-end con l’intento di promuovere “comportamenti responsabili”. Il che è tutto dire dato che controllati e controllori convivono nello stesso ambiente e respirano la medesima aria fetida di caserma.

Carabinieri Setaf e Military Police (MP) escono dalla Ederle a mezzanotte e fanno ritorno alle 6.00 del mattino, dopo aver presidiato i luoghi della movida vicentina tra centro storico e discoteche.

Agli americani è stato addirittura vietato l’accesso al Custom (locale notturno), con tanto di sanzioni amministrative a chi infrange la regola imposta dall’Armed forces disciplinary board, ovvero la commissione disciplinare interna alle basi militari.

Per avere un quanto completo della situazione, si aggiunga la serie di morti per overdose che ormai compongono una lista molto lunga. Da ultimo il caso di un militare, appena diciannovenne, trovato senza vita ai primi di marzo, nella sua stanza all’interno della Ederle, stroncato da un mix letale di cocaina, eroina e alcolici.

Tutto ciò ribalta l’idea di “sicurezza” di cui si fa portavoce l’esercito americano a livello mondiale e apre un’enorme falla insanabile al suo interno. Una comunità militare composta da 15.000 americani, famiglie comprese, residenti tra Vicenza e provincia che nel solo 2018 ha collezionato 48 denunce tra risse, incidenti in auto e violenze a sfondo sessuale. L’ultimo episodio di violenza denunciato, risalente all’estate 2018, ha portato alla custodia cautelare in carcere dell’accusato, un sergente dei parà di stanza alla base Del Din.

A titolo di cronaca, si ricordano alcuni efferati abusi sessuali risalenti agli anni passati. Due in particolare.

Nel 2014 una prostituta, al sesto mese di gravidanza, è stata linciata da due parà che l’hanno picchiata, violentata e segregata delle ore all’interno di una macchina. Il figlio neonato della ragazza ha lottato per rimanere in vita a causa di complicazioni respiratorie, dovute al pestaggio subito dalla madre.

Altro caso quello di una giovane nigeriana costretta in fin di vita in seguito agli abusi inferti da un “combattente” yankee. Quest’ultimo, in sede processuale, ha ottenuto l’attenuante per via dello stress subito durante la guerra in Iraq.

Episodi simili, di violenze e abusi sulla popolazione locale e sulle donne in modo particolare, rappresentano a Vicenza come nei territori sotto occupazione militare, una prassi tristemente radicata tra le truppe. Al punto tale da costringere gli stessi organi di comando militari a salvarsi la faccia pubblicamente e quindi approntare energiche contromisure per arginare il fenomeno.

E’ questo il caso delle ronde bisettimanali della Military Police a Vicenza o della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU 2272 del 2016 per contrastare gli abusi sessuali perpetrati dai caschi blu nei contesti operativi dove sono dislocati. La presenza di questi comportamenti da parte dei militari è divenuta talmente ingente da aver costretto i vertici stessi delle Nazioni Unite ad ammettere il problema e istituire corsi di addestramento volti al rispetto di quelle che definiscono categorie “svantaggiate”, come il corso sulla “Protezione di genere nelle operazioni di pace” che si è tenuto al Coespu di Vicenza, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo.

Che siano stanziate nei teatri di guerra internazionali, piuttosto che nel cuore della democratica Europa, le truppe d’occupazione militare hanno regolarmente esercitato pratiche di natura coloniale che fanno del corpo della donna terreno di conquista e veicolo privilegiato del loro dominio.